TESTI E FOTOGRAFIE SONO DI PROPRIETA' DELL'AUTRICE. IL LORO USO E' CONCESSO SOLO PREVIA AUTORIZZAZIONE.IL MIO BLOG NON RITIRA E NON ASSEGNA PREMI.GRAZIE :)

Monday 24 December 2012

CLAUDIA RODEN




Quando,qualche tempo fa,questa signora mi propose di scrivere un post a quattro mani
su Claudia Roden,devo ammettere che mi sono sentita come la volpe a cui venne chiesto di guardare il pollaio.
Il blog della signora in questione mi e' particolarmente caro,la Roden e sempre stata,per me,una vera ispirazione e scrivere questo post e' stato un piacere ed una gioia.
Claudia Roden e' un autrice piuttosto prolifica e sono particolarmente contenta del fatto che,grazie a questo progetto, e' stato possibile proporre diverse ricette della Roden in un colpo solo.
Oltre alla cenetta qui proposta,infatti,ne troverete un'altra da Acquaviva scorre

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Claudia Roden nasce a Il Cairo nel 1936 da un'affluente famiglia ebrea trasferitasi in Egitto dalla Siria.
"Tirata su" da una nanny slovena,a quindici anni viene mandata a studiare a Parigi e a diciotto approda a
Londra per studiare arte.Nel 1956,per via della crisi di Suez,i suoi genitori la raggiungono a Londra e da quel momento non ritornano mai nella loro terra natia. Claudia stessa non rivede Il Cairo per altri 30 anni.
Gia' in questo breve paragrafo emergono i temi fondamentali che pervadono le opere della Roden:da un lato il cibo come parte della nostra identita',bagaglio che ci portiamo dietro dovunque andiamo,e dall'altranl'interesse per la cucina
di quelli che alcuni chiamano "della seconda diaspora",ovvero le tradizioni popolari della cucina ebraica diffusasi in tutto il mondo dopo la seconda guerra mondiale.
E' per questo che la Roden non ha interesse verso la cucina dei grandi cuochi e dei ristoranti stellati:tutta la sua ricerca e' compiuta attraverso famiglie ed individui,spesso nelle comunita' ebraiche,ed il
risultato finale e',almeno nel caso di A Book of Middle Eastern Food,considerato determinante.La Roden
viene da una famiglia borghese,dove era considerato inconcepibile che una donna dovesse lavorare
per guadagnare del denaro.I suoi genitori furono orripilati quando la Roden comincio' a lavorare per
l'Alitalia a Piccadilly e quando A Book of Middle Eastern Food divenne uno straordinario successo editoriale si preoccuparono addirittura di informare tutti i conoscenti che la loro cara figliola non aveva certo scritto il libro per denaro...
Nel 1959 Claudia sposa Paul Roden,un businessman proveniente da una famiglia di emigrati russi.
I due hanno tre figli e per diversi anni la Roden si dedica al mestiere di mamma.
Dopo di che' subentra il desiderio di trovare altre ricette e storie legate al cibo e,delusa da cio' che poteva fornirle la British Library,l''autrice comincia a recarsi nelle ambasciate dei paesi mediorentali ed intervista coloro in attesa di visto,oppure entra nei negozi di tappeti,per chiacchierare con i lavoratori iracheni le raccontano le loro esperienze culinarie.Il matrimonio dura quindici anni,e al quel punto la Roden vive del proprio lavoro,insegnando cucina e poi dedicandosi alla scrittura di altri libri.L'autrice e'nel frattempo diventata madrina della Food Chain,organizzazione londinese che si preoccupa di offrire dei pasti salutari ad individui sieropositivi.E' inoltre co-direttrice dell' Oxford Symposium on Food and Cookery,importantissimo convegno annuale inglese a tema gastronomico,in cui e' subentrata ad uno dei fondatori,lo storico Alan Davidson.

Bibliografia

A Book of Middle Eastern Food,1968
A New Book of Middle Eastern Food,1970
Picnic:The Complete Guide to Outdoor Food,1980
Coffee,1981
Mediterranean Cookery,1987
The Food of Italy,1990
Invitation to Mediterranean Cooking,1992
The Book of Jewish Food:An Odissey from Samarkanda and Vilna to the Present Day,1997
Tamarind and Saffron: Favourite Recipes from the Middle East,1999
Foolproof Mediterranean Cookery 2003
Arabesque:Sumptuous Food from Morocco,Turkey and Lebanon,2005
Simple Mediterranean Cookery,2007
Food of Spain,2011



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Empanadillas de atun y pimiento
tratto da The Food of Spain,2011






Ingredienti
Per la pasta
375 gr. di farina
125 gr. di olio d'oliva
125 gr. di acqua tiepida
6 gr.di sale
1 tuorlo d'uovo,per spennellare

Per il ripieno
80 gr. di cipolle finemente tritate
35 gr. di olio d'oliva
100 gr. di peperoni arrosto tagliati a pezzetti
300 gr. di pomodori in scatola,senza succo
100 gr. di tonno in scatola,ben scolato
14 olive ,tagliate a pezzettini (io le ho omesse)
un poco di prezzemolo tritato
sale e pepe
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1: soffriggere le cipolle nell'olio d'oliva,fino a quando
saranno soffici e traslucenti.Aggiungere il prezzemolo,i pomodori,sale
e pepe e cuocere fino ad ottenere una salsetta densa.

2: aggiungere il tonno,i peperoni (senza liquido) e,se gradite,
le olive.Lasciar raffreddare per bene.

3: mischiare olio d'oliva,acqua (Roden dice acqua o vino bianco,a voi la scelta)e sale.
Quindi aggiungere gradualmente la farina fino ad ottenere un impasto liscio e
malleabile.

4: stendere la pasta (non ci sara' bisogno d'infarinare il piano di lavoro)e ricavarne
tanti dischetti (l'autrice dice 16-20,mi sembra di ricordare di averne ottenuti 16).
Riempire ogni dischetto con un cucchiaio abbondante di ripieno,spennellare i bordi
del dischetto con del tuorlo d'uovo e ripiegare la pasta in modo da ottenere una
mezza luna.Sigillare la pasta premendone i bordi con i rebbi di una forchetta.

5: spennellare le empanadillas con il restante tuorlo,collocarle in una teglia appena
unta con dell'olio d'oliva ed infornare a 180 gradi per 25-30 minuti.

Tagine T'Faia
tratto da The Book of Middle Eastern Food,1968




Ingredienti
1 pollo da 1Kg. circa,diviso in 8-10 pezzi
olio d'oliva
250 gr. di cipolle,tritate finemente
un pizzico di zafferano
un cucchiaino bello colmo di zenzero in polvere
170 gr. d'acqua
5 o 6 uova sode
90 gr. di mandorle a lamelle tostate in un po' di burro
1 cucchiaio colmo di prezzemolo tritato
sale e pepe
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1: salare il pollo e dorare per bene in una padella con un filo di olio
d'oliva.

2: mettere le cipolle sul fondo del tagine,ricoprire col pollo e col
prezzemolo.

3: "sciogliere" zafferano e zenzero nell'acqua,quindi versare l'acqua nel
tagine.Coprire e cuocere a fiamma molto bassa per circa 90 minuti.

4: aggiustare di sale e decorare con le uova sode e le
mandorle tostate.

Ayva Tatlisi
tratto da Mediterranean Cookery,1987





Ingredienti
2 mele cotogne,senza torsolo e tagliate a meta'
60 gr. di burro
60-80 gr. di zucchero
60 gr di yoghurt + 1 cucchiaino di zucchero
2 + 1/2 cucchiaini di acqua di rose
chicchi di melagrana e mandorle a lamelle tostate
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1: mettere 15 gr. di burro e 15-20 gr. di zucchero in ognuna delle cavita'
delle mele cotogne e sigillare per bene con carta d'alluminio.

2: adagiare i pacchetti cosi formati su una teglia ed infornare per 60-80 minuti
a 190 gradi circa.

3: mischiare lo yoghurt con 1 cucchiaino di zucchero ed aggiungere l'acqua di rose.
Lasciar intiepidire le mele cotogne,quindi ricoprirle con un po' di yoghurt,mandorle
tostate e chicchi di melagrana.

Note.Non ci sara' bisogno di pelare le mele cotogne e con questo metodo di cottura
la buccia e' assolutamente commestibile.
Il tagine e' ancora piu' buono se preparato un giorno in anticipo,per cui
questa e' una cenetta decisamente piu' facile da preparare di quanto sembri.

BUON APPETITO e BUON NATALE!

Monday 10 December 2012

SALAME DI MELA COTOGNA


Scambiando commenti e leggendo i vari blog del mondo virtuale,e' impossibile
non notare quante similarita'/punti in comune possano esserci tra le cucine di diverse culture.Prendiamo la cotognata,una classica preparazione italiana,sfortunatamente un po' in declino.Non e' forse uguale alla cotignac/pate de coings francese,al membrillo spagnolo o alla kotonjata della Croazia?La versione che segue e' piu' ricca di quella
classica e contiene vari ingredienti,ma il punto di partenza rimane lo stesso.Ho il
sospetto che il declino della mela cotogna possa avere a che fare col fatto che e' uno dei pochi frutti che richiede preparazione e cottura ed oggigiorno abbiamo sembre meno tempo.La mela cotogna ha un profumo ed un sapore quasi d'altri tempi e,nonostante la mangi sin da bambina,per me ha sempre conservato un tocco di esotico.Forse non e' un caso che la mela cotogna si sposi cosi bene con acqua di rose,melagrane,kaymak,oltre che con le carni grasse (Yotam Ottolenghi fa un ottima mela cotogna ripiena d'agnello e
questa signora propone un maiale con le mele cotogne altrettanto allettante).
Ma torniamo alla ricetta,che' semplicissima ma che richiedera' un po' del vostro
tempo.Si tratta di una cotognata vestita a festa,quasi come se questa preparazione voglia incontrarsi con il panforte.Fa sempre un' ottima figura sulla tavola natalizia
e,piuttosto che perdermi in superlativi,vi appioppo un imperativo:se gradite le mele cotogne, FATELA.
E' una preparazione che io chiamo affettuosamente "cotechino di mela cotogna",ma il nome salame di mela cotogna (Salama od Dunja) e' senz'altro piu' corretto.Probabilmente
avrete capito dal nome originale della che si tratta di una ricetta dell'Est,specificamente dell'ex Jugoslavia,tratta da una pubblicazione del 1938.
Ecco come farla.

INGREDIENTI
1 kg di mele cotogne (850 gr circa una volta nettate)
220 gr del loro liquido di cottura
mezza srecca di cannella
3 chiodi di garofano
620 gr di zucchero
160 gr di mandorle,leggermente tostate
120 gr di frutta candita/essiccata (ho usato mele,ciliegie,prugne e albicocche)
30 gr di succo di limone
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1: ricoprire le mele cotogne con abbondante acqua,aggiungere le spezie
e cuocere fino a quando saranno belle tenere.

2: rimuovere le spezie,mettere da parte 220 gr del liquido di cottura e
ridurre le mele cotogne ad un puree col passaverdura.

3: portare il liquido messo da parte e lo zucchero ad ebollizione.Aggiungere
il puree di cotogne e cuocere fino a quando il tutto comincera' ad addensarsi
notevolmente ed a staccarsi dalle pareti della pentola.



4: rimuovere dal fuoco,aspettare 2 minutini,quindi aggiungere la frutta,le mandorle
(entrambi tritati finemente) ed il succo di limone.



5: lasciar sfreddare brevemente e quindi,con l'aiuto della carta forno formare
un salame.Volendo si puo' far rotolare il salame nello zucchero semolato,ma cio'
non e' strettamente necessario.

NOTE. La ricetta originale non specifica i tipi di frutta da utilizzare,per cui ci si
sbizzarire con cio' che piu' piace.Preciso che le mele che ho usato erano
candite e non essiccate,queste ultime possono essere un po stoppose anche dopo
l'ammollatura.Immagino che il dolce si mantenga tranquillamente per 3-4 settimane
ma a casa mia non e' mai arrivato alla settimana...

BUON APPETITO!

Sunday 25 November 2012

VICTORIA SANDWICH


Esito un pochetto nel pubblicare questo post poiche' devo ammettere che,tra le miriadi di dolci della pasticceria britannica,il Victoria sandwich non rientra tra i miei preferiti.
Pero' si tratta,dopotutto,della torta inglese piu' conosciuta ed escluderla dal blog sarebbe forse eccessivo.
Il Victoria sandwich e',insieme agli scones ed ai sandwiches al cetriolo,un elemento fondamentale dell' afternoon tea,che,guarda caso,ebbe origine negli stessi anni in cui questa torta si impose sulle tavole britanniche.La torta prende il nome da Victoria,regina del Regno Unito,imperatrice d'India (Victoria parlava fluentemente l'indostano) e nonna dell'Europa.La regina era una nota golosona e gli inglesi, che oltre a pomposita' sanno fare anche ironia,le dedicarono anche una varieta' di susina.
La prima ricetta scritta risale al matton erm,bibbia culinaria dell'800 MRS BEETON'S BOOK OF HOUSEHOLD MANAGEMENT,per chiunque voglia dare un'occhiata ho incluso la ricetta di Isabella Beeton nelle note a coda.
Purtroppo la terminologia associata a questo dolce puo' creare un po' di confusione:
l'espressione Victoria sponge,sebbene indichi,almeno in teoria una specialita' diversa
viene spesso usata per indicare il Victoria sandwich.E' difficile sorvolare sulla differenza tra le due preparazioni,poiche' il sandwich ha il burro e la sponge non lo contiene e la torta risultante e' decisamente diversa.Ma bando alle ciance ed ecco la ricetta.Premetto che ho usato 2 sandwich tins da 20 cm,ovviamente si puo' usare un unica tortiera di diametro piu' largo,ma con cio' aumentera' il tempo di cottura.I puristi piu' hardcore,e tra questi le signore del Women's Institute storcerebbero il naso per via della panna montata,non presente nelle ricette piu' classiche.
INGREDIENTI
230 gr di burro
230 gr di zucchero superfino + extra per decorare
4 uova
230 gr di farina autolievitante
1 pizzichino di sale
1 pizzichino di lievito chimico
Per il ripeno:
marmellata/confettura preferita
150 gr di panna montata.
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1: montare per bene burro e zucchero

2: aggiungere,una alla volta,le uova,montando con la frusta dopo ogni aggiunta.

3: aggiungere farina,sale e lievito chimico ed amalgamare per bene senze pero'
lavorare troppo l'impasto.

4: versare uguali quantita' d'impasto nei tins precedentemente "preparati" con della
carta da forno

5: infornare a 175 gradi e cuocere fino a quando le torte supereranno la prova dello
stecchino.E' possibile che dopo i primi 15 minuti di cottura le torte abbiano
di essere cambiate di posto,poiche' raramente i forni cuociono in maniera uniforme.

6: raffreddare su una gratella per dolci e quindi rimuovere con un coltello affilato
la "gobbetta" da una delle due torte.


7: ricoprire la torta tagliata con la marmellata/confettura prescelta.


8: quindi spalmare la panna montata sulla marmellata,coprire con la seconda torta
e dare una spolveratina di zucchero.Voila'


NOTE. Faccio questa torta con il creaming method,il piu' tradizionale.
E' possibile l'esecuzione "all in one",cioe' mischiando tutti gli
ingredienti insieme contemporaneamente,ma secondo me il risultato e'
inferiore.Per chi volesse una torta con una consistenza piu' light
il suggerimento della Nigella nazionale di sostituire una piccola parte
della farina (25-30 gr.) con dell'amido di mais e' la strada da intraprendere.
Per chi invece volesse ricreare l'originale Victoria sandwich ecco la ricetta
di Isabella Beeton,datata 1861: 4 uova,+ l'equivalente del loro peso in
farina,zucchero e burro e 1/4 di cucchiaio da sale di sale (qui entriamo nella
fantascienza.In misure moderne cio' equivale ad 1/16 di cucchiaino.Per farla
breve,un sospetto di sale).Preoccupa un po' la mancanza (a parte le uova) di un
agente lievitante in una torta cosi burrosa,ma lo stomaco vittoriano era
l'equivalente dell'inceneritore moderno.

BUON APPETITO!

Saturday 17 November 2012

UN KILT A PALERMO: LE ARANCINE "ALLA SCOZZESE"


Questa e' un'eresia culinaria che avevo in mente da qualche tempo,ma la tragica
spinta finale verso la friggitrice me l'hanno data le creature della MTChallenge
ed il bel post di Pupaccena.
Le "scotchoncine" sono le figlie illegittime dello scotch egg e delle arancine
siciliane.
Per chi non lo abbia mai assaggiato,lo scotch egg e' uno snack popolarissimo
nel Regno Unito e consiste,essenzialmente,in una polpetta di carne di maiale che nasconde un uovo sodo all'interno.Non si tratta,contrariamente alla credenza popolare,
di una specialita' scozzese,ma di uno sfizio inventato a Londra nella prima meta' del 700 dal famoso store Fortnum and Mason (nota estemporanea:durante le ultime sommosse studentesche gli studenti non hanno occupato scuole ed atenei,ma hanno bensi' tentato di occupare Fortnum and Mason.Mica scemi...)


Le arancine non hanno certo bisogno di presentazioni.Palermitani e catanesi se
ne contendono la paternita' immediata,per quanto un nesso col mondo arabo sia assai probabile.E' nota la diatriba riguardo al genere degli arancini/arancine ed e' curioso
notare cio' che disse Pippo Nicolosi della Pasticceria Svizzera di Catania,nella prima meta' del 900: "Arancini
sono quelli maschi,col pizzo al ragu',mentre le arancine sono quelle rotondette,al burro o spinaci"

Le "scotchoncine" che seguono sono un poco piu' grandi delle classiche arancine,ma
cio' non e' cosa cosi' trasgressiva.Alla fine dell'800 Federico de Roberto,nel suo
romanzo dedicato alla nobilta' catanese,I Vicere',menziona le arancine prodotte nel monastero benedettino di Catania,descrivendole "grandi come cocomeri"
(menziona anche pentole capaci di accogliere un intera "sella" di vitello...).
Ma veniamo alla ricetta..
ARANCINE "ALLA SCOZZESE"
(SCOTCHONCINE)

INGREDIENTI
Per i piselli all'olio:
50-60 gr di cipolla tritata finemente
340 gr di pisellini primavera surgelati
40 gr di olio extravergine d'oliva
300 gr d'acqua,circa
sale
Per il riso:
300 gr di riso arborio
40 gr di burro
900 ml-1 litro di brodo di pollo
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
100 gr di prosciutto cotto
sale e pepe

7 uova sode
Per la lega e la crosticina:
300 gr di farina
550-600 ml d'acqua
un generoso pizzico di sale
pangrattato,con un pizzico di sale e di pepe
olio di arachidi per friggere
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1: soffriggere brevemente la cipolla nell'olio d'oliva quindi aggiungere i piselli
e continuare a la cottura per un altro paio di minuti.Ricoprire con l'acqua,salare
e cuocere fino a quando l'acqua sara' evaporata completamente




2: tostare brevemente il riso nel burro,quindi aggiungere poco alla alla volta
il brodo,aggiustando di sale e pepe durante la cottura ed aggiungendo il prezzemolo
a cottura quasi ultimata.


3: aggiungere i piselli ed il prosciutto cotto e lasciar raffreddare per bene.
Modellare il riso attorno all'uovo sodo,immergere brevemente nella lega e quindi
rotolare le arancine per bene nel pangrattato.
Friggere in olio ben caldo,scolare per bene ed adagiare le arancine su carta
assorbente.Servirle tout de suite.


Questa erm,ricetta partecipa alla MTChallenge del Novembre 2012


Note,errori ed orrori: mentre cucinavo riso piselli ed uova allo stesso tempo,ho purtroppo dimenticato di raffreddare le uova sotto l'acqua fredda e rimanendo sotto
l'acqua bollente hanno sviluppato quel tipico alone grigio-verde del tuorlo che purtroppo detrae dalla loro apparenza.Non mangio formaggi e non ho messo parmigiano.
In realta' 2 o 3 cucchiai ci sarebbero stati a pennello,aggiungendo un elemento "umami"
alla preparazione e favorendo il compattarsi del tutto (le arancine erano piuttosto difficili da manipolare).Per il resto,sono proprio buone,e le facce degli amici inglesi,a cui ho "dimenticato" di dire che non si trattava di scotch eggs sono
state impagabili...

BUON APPETITO!



Saturday 10 November 2012

PITCAITHLY BANNOCK


Chi ha visitato il Regno Unito ed ha un interesse anche vago verso la gastronomia
conosce questi biscotti,anche se magari in una versione leggermente piu' semplice.
Parlo di shortbread,il biscotto scozzese per antonomasia.
E' un biscotto dalle origini piuttosto antiche e cio' ha facilitato l'evoluzione di questa preparazione,dando luogo ad una miriade di varieta' (si dice che le tipologie di shortbread in esistenza corrispondano al numero di forni in Scozia!).
Tra le tante varieta',il Pitcaithly Bannock e' una delle migliori (altri shortbreads sono menzionati qui).
E' il meno sottile di tutti i shortbreads e viene arricchito con mandorle e cedro candito (oggigiorno vengono usate le scorzette d'arancia) o,in tempi remoti,con semini di carvi.
Prende il nome dal paesino scozzese in cui ebbe origine ed e' considerato un "festive shortbread",anche se qui la festa in questione e' un rito pagano dedicato al sole.
Per tale ragione il Pitcaithly Bannock e' sempre circolare ed i segni lungo la circonferenza rappresentano infatti i raggi solari.
Perfino per questa specifica tipologia di shortbread le ricette sono tutte leggermente diverse;quella che segue e' tratta da Scottish Regional Recipes di Catherine Brown

INGREDIENTI
225 gr di farina
100 gr di amido di mais
55 gr di zucchero al velo
55 gr di zucchero superfino,+ una manciatina extra per decorare
225 gr di burro
50 gr di mandorle a lamelle
30 gr di cedro candito
1 pizzichino di sale (non presente nella ricetta originale)
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1: montare il burro con gli zuccheri

2: aggiungere i rimanenti ingredienti,tenendo da parte un poco di mandorle
per la decorazione.Non lavorare troppo la pasta.

3: stendere la pasta in 2 cerchi di 20-22 cm di diametro circa,ricoprire qua e
la' con le lamelle di mandorla.Segnare i bordi con i rebbi di una forchetta ed
infornare a 170-175 gradi per 40-50 minuti.
Appena usciti dal forno,ricoprire i bannocks con un poco di zucchero.Voila'!



NOTE. Le fette di shortbread vanno tagliate quando il bannock e'
ancora caldo,poiche' una volta raffreddato sara' piuttosto friabile.
Per un'ottima variazione autunnale,Yetholm bannock,sostituite mandorle e cedro
con dello zenzero candito ed aggiungete un tuorlo alla pasta.

BUON APPETITO!

Sunday 4 November 2012

PA JUN


Uno dei luoghi piu' iconici per i visitatori "foodies" a Londra e' senz'altro Chinatown.Ma non tutti sanno che in periferia a New Malden,esiste una vera e' propria
Koreatown e che a Londra risiede la piu' grande communita' coreana in Europa.
Considerando che questo blog e' ,tutto sommato,un tributo alla straordinaria varieta' gastronomica che Londra regala,sarebbe criminale non includere almeno una ricetta coreana.O perlomeno un'approssimazione di una ricetta coreana....


Il Pa Jun,detto anche Pajeon,e' essenzialmente una crespella di cipollotti,anche se ogni tanto appare nei menu' con il nomignolo "Korean pizza".Ne esistono svariate versioni,per una versione un po' piu' autentica vi rimando alle note finali.La versione
che segue' e' detta Heamul Pa Jun per via del contenuto di seafood (ho usato solo gamberi,ma spesso vengono usati calamari,cozze e perfino ostriche).E' sempre accompagnato da Yang Nyum Jang,una semplice dipping sauce che e' meglio preparare con qualche ora d'anticipo di modo che i sapori si fondano per bene.
Altro accompagnamento rigoroso e' il makkoli,una bevanda alcolica a base di grano e riso fermentato.Ma bando al cincischiare ed ecco la ricetta.

INGREDIENTI
80 gr di farina
30 gr di farina di riso
115 gr d'acqua (circa)
1 cucchiaio di olio di semi,+ extra per zucchine,gamberi e cipollotti
1 uovo
1 pizzico di sale,+ extra per zucchine,gamberi e cipollotti
130 gr di zucchine tagliate a rondelle
115 gr di gamberi nettati (peso netto)
80 gr di cipollotti,tagliati a rondelle

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1: riscaldare un filo d'olio in una padella e cuocere cipollotti,gamberi e zucchine
con un pizzico di sale.Per ottenere il grado di cottura che preferisco io cucino i
tre ingredienti separatamente,ma cio' e' probabilmente una pignoleria eccessiva.




2: per la pastella,sbattere l'uovo con l'olio ed il sale,quindi aggiungere le farine
e,poco alla volta,l'acqua.

3: riscaldare per bene una padella con un filo d'olio e versare meta' della pastella.
Distibuire la pastella in maniera uniforme e metterci sopra immediatamente
gamberi,cipollotti e zucchine.Cuocere fino a quando il fondo della crepe sara'
dorato,quindi girare il pa jun con destrezza e continuare la cottura per un altro
paio di minuti.Io in realta' non ho girato il pa jun ma l'ho messo sotto la
salamandra fino a cottura completa.Preciso che il mio e' senz'altro un metodo scorretto.

Per la Yang Nyum Jang:
3 cucchiai di salsa di soia o tamari
1 cucchiaino di olio di sesamo
1 cucchiaino di semi di sesamo leggermente tostati
1/2 spicchio d'aglio,tritato finissimo
1/2 cucchiaino di zenzero grattugiato
1/cucchiaino di aceto di riso


NOTE.Oltre all'uso della salamandra,ci sono almeno tre elementi che rendono questo Pa
Jun piuttosto blasfemo.Li metto qui in evidenza per chiunque voglia avvicinarsi
di piu' allo standard coreano.
1: il Pa Jun contiene tradizionalmente peperoncino,fresco o sotto forma di pure'
fermentato (Gochujang),o addirittura entrambi.Il gochujang contiene
riso e semi di soia,oltre al peperoncino, ed ha un sapore ricco e complesso.

2: i cipollotti sono l'ingrediente principale di questa preparazione e vengono
generalmente usati in quantita' decisamente maggiore di quella usata da me.
Inoltre vengono tagliati in senso longitudinale e non a rondelle,il che da una
"texture" diversa al prodotto finale.Per chi voglia seguire questa strada,mettete meta' dei cipollotti con la parte bianca lontana da voi e l'altra meta' nella direzione
opposta,cio' favorira' un Pa Jun piu' uniforme.

3: il piu' delle volte gli ingredienti non vengono cotti precedentemente,ma vengono
mischiati a crudo nella pastella.Ovviamente in tal caso la cottura e' decisamente
piu' lunga ed e' conveniente tagliare le zucchine a julienne.
Con le quantita' date si otterranno due Pa Jun,entrambi fotografati.
Quello piu' buono era quello piu' cotto,con i bordi croccanti ed il centro morbido..

BUON APPETITO!

Friday 26 October 2012

SFIZI AUTUNNALI


Oramai l'alternarsi delle stagioni avviene in maniera quasi impercettibile.
Sara' perche' a Londra la differenza tra estate ed autunno puo'essere minima,o perche'
una "old boiler" come me si e' assuefatta al tutto ed e' ormai insensibile a queste cose.
Quest'anno pero',ringalluzzita da una lunga vacanza in Italia,da un'abbronzatura fatta di vero sole e dai 7 chili persi durante la stagione estiva,sono arrivata a Stanstead in tenuta semi "deshabille'" e vi assicuro' che la differenza l'ho sentita,tanto da beccarmi un malanno coi fiocchi e finire in ospedale 2 giorni dopo.Vanity kills,dice la canzone....
A ricordarmi della nuova stagione sono stati anche i mercatini,gia' da tempo straripanti di zucche,verze,granturco e mele cotogne.Ed e' giusto che sia cosi,il corpo
ormai reclama qualcosa di piu' caldo e' sostanzioso ed e' sempre bello cambiare il repertorio in cucina.
Ecco un trio di sfizi autunnali,tutti facili da fare,gustosi ed anche economici,che con i tempi che corrono non guasta.
Ma bando alle ciance.
AJLOUKE DE POTIRON
Gli ajlouke sono dei puree' di vegetali speziati tipici della cucina nord-africana,in particolare di quella tunisina.Si possono fare con diversi vegetali,ma i piu' comuni sono senz'altro l'ajlouke di zucca e quello di carote.La ricetta e' di Claudia Roden,una garanzia.

INGREDIENTI
750 gr di zucca,pelata e tagliata a pezzi (peso netto)
2 spicchi d'aglio,tritati finissimi
1 gr circa di semi di carvi
1 gr circa di semi di coriandolo
35 gr d'olio d'oliva
1 pizzico di peperoncino secco
2-3 cucchiai d'aceto o succo di limone
sale

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1: far bollire in acqua salata la zucca e scolarla per bene.

2: pestare in un mortaio i semi di carvi e di coriandolo,senza pero' ridurli in
polvere.

3: mettere la zucca nel mixer ed aggiungere i rimanenti ingredienti.
Lasciar riposare un'oretta prima di degustare.




COLCANNON

Per quanto esista anche in Scozia,il colcannon e' una specialita' irlandese a base
di patate e cavoli.
Nonostante venga ormai preparato durante tutto l'autunno e l'inverno,e' particolarmente
legato ad Halloween.Contiene spesso un anello e ,secondo la tradizione popolare, la ragazza che lo trova si sposera' entro un anno da tale ritrovamento.A dire il vero,in tempi andati il colcannon conteneva di tutto un po':una monetina,simboleggiante sicura ricchezza,un ditale che indicava un perenne stato di zitellaggine e persino un rametto
di biancospino,che rappresentava l'ira del marito in caso di tradimento.Il che mi fa pensare che il colcannon non era certo un piatto facile da mangiare...
Le ragazze irlandesi venivano spedite,bendate,a raccogliere il cavolo per il colcannon nell'orto di casa e si dice che il cavolo prescelto presentasse le caratteristiche del futuro marito (impossibile non notare che il cavolo che ho usato assomiglia a George Clooney).



Il cavolo tradizionalmente usato e' il curly Kale (brassica oleracea,varieta' acephala).E' una pianta piuttosto robusta e resistente al freddo piu' intenso ed e' per questo che il kale ha un ruolo importante nella cucina irlandese ed in quella scozzese.Ho il sospetto che il kale non sia facilmente rintracciabile in Italia,ma
si ottengono ottimi risultati sostituendolo con la verza,spesso usata anche in Inghilterra.

INGREDIENTI

700 gr di patate,pelate e tagliate (peso netto)
120-150 di Kale,lavato e nettato
50 gr. di cipollotti,tagliati a rondelle
120 gr di burro
sale e pepe

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1: lessare le patate in acqua salata



2: usando la stessa acqua di cottura delle patate,scottare il Kale,lasciandolo un poco
al dente.

3: sciogliere meta' del burro in una pentola a fondo spesso ed ammorbidire per bene il
kale ed i cipollotti

4: ridurre le patate ad un puree' piuttosto grossolano,aggiungere kale e cipollotti
ed infine amalgamare il rimanente burro.Aggiustare di sale e pepe di mulinello.


POROTOS GRANADOS



Una specialita' cilena,quasi una "ratatuia" autunnale,coloratissima e saporita.
Elizabeth Lambert Ortiz,un'autorita' in fatto di cucina sudamericana,sostiene che questo piatto',avendo delle sfumature decisamente indiane,abbia viaggiato verso sud durante la sua evoluzione.Ho imparato solo recentemente,grazie al Jamie nazionale,che i
Navajos chiamano il mais,la zucca ed i fagioli le "tre sorelle",il che confermerebbe la teoria della Ortiz.
E' un piatto che preparo spesso in quantita' pantagrueliche,poiche' si mantiene benissimo per diversi giorni (anzi,direi che migliora) ed inoltre mi piace mangiarlo
come stufato il primo giorno e poi diluirlo con del brodo il giorno dopo per trasformarlo in un'ottima zuppa.

INGREDIENTI
110 gr di cannellini,lasciati a mollo per una notte
1/2 cipolla
5 granelli di pepe
2 gambi di prezzemolo
2 pannocchie di granturco
350 gr di zucca,tagliata a cubetti (peso netto)
90 gr di cipolla,tagliata a listarelle
400 gr di pomodori pelati,sminuzzati
50-60 gr di olio di mais
1 cucchiaio di paprika dolce
1 cucchiaio abbondante di origano secco
1/2 peperoncino verde,tritato
un mestolo di acqua di cottura dei fagioli
sale

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1: coprire i cannellini con abbondante acqua,aggiungere il pepe,la mezza cipolla ed
i gambi del prezzemolo e cuocere fino a quando i fagioli saranno teneri,aggiungendo
il sale verso la fine della cottura.

2: lessare la zucca e le pannocchie in acqua salata e,una volta maneggiabili,sgranare
le pannocchie

3: cuocere la cipolla a listarelle nell'olio di mais fino a quando sara' ben dorata.
Aggiungere paprika e peperoncino e continuare a soffriggere per un minutino.

4: aggiungere l'origano,i pelati ed il mestolo di acqua di cottura dei fagioli e
portare ad ebollizione.Aggiungere fagioli,zucca e granoturco e continuare la
cottura fino a quando la salsa si sara' addensata.Aggiustare di sale e lasciar riposare per almeno
un'oretta prima di mettere in moto le fauci.


Note. Nell'ajlouke la ricetta prevedeva harissa anziche' peperoncino,non sono sicura
che la signora Roden mi perdonerebbe la cosa.Per chi la possiede,consiglio
senz'altro di usarla.
Per quanto riguarda il colcannon la quantita' di burro puo' variare
considerevolmente.Nei tempi andati i fattori dovevano dare il burro al
proprietario dei terreni ed un colcannon ricco di burro era un vero lusso.
Oggigiorno le cose sono cambiate per cui ci si puo' lasciar trasportare
dall'approccio Robuchon ed abbondare.
Per finire,il burro irlandese e' di straordinaria qualita' ed il colcannon e' un piatto
di tale semplicita' che esige il burro migliore su cui potete mettere le grinfie.

BUON APPETITO!



Saturday 20 October 2012

SWEET POTATO FALAFEL


Nonostante nel Veneto si celebri,da piu' di vent'anni,una festa dedicata a questo tubero,la patata americana non occupa certo un ruolo prominente nella cucina italiana.
La mia famiglia sembra detestarla,anche se a casa ammettono di usarla come pianta ornamentale (il che dice tutto...).
Negli States ci fanno un po' di tutto,compreso uno straordinario gratin ricoperto di marshmallows che spesso appare a fianco al tacchino per il tradizionale Thanksgiving.
La ricetta che segue unisce il nuovo mondo al medio oriente,chapeau ad Allegra McEvedy
per averla ideata.McEvedy e' una cuoca che,nonostante abbia alle sue spalle diversi libri ed alcune serie televisive,merita di essere piu' conosciuta ed apprezzata.E'.tra le altre cose,co-fondatrice della catena LEON,dove ha dimostrato che il fast-food non dev'essere necessariamente spazzatura.
Ma bando alle ciance ed ecco la ricetta:
INGREDIENTI
750 gr di patate americane,pelate e tagliate (peso netto)
1+1/2 cucchiaino di semi di cumino,pestati nel mortaio
1+1/2 cucchiaino di semi di coriandolo,anch'essi pestati
1 pizzichino di peperoncino in scagliette
1 spicchio di aglio finemente tritato
25 gr. di foglie di coriandolo tritate
il succo di mezzo limone
2 cucchiaini di olio d'oliva
100 gr di farina di di ceci
sale,quanto basta
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1: cuocere le patate al vapore o al forno (io al vapore) e ridurre ad un puree.
Un grumetto o due si possono lasciare,fanno bene alla texture.

2: aggiungere i rimanenti ingredienti ed amalgamare per bene.
Riporre in frigorifero per un'oretta.


3: friggere in olio bollente,scolare e posare su carta da cucina.
Gustare nella maniera preferita (ottimi con salsa tahini,o semplicemente con una
spolveratina di semi di sesamo tostati).

McEvedy,pur mantenendo delle azioni nel business,ha smesso di contribuire attivamente al progetto Leon qualche anno fa,per potersi dedicare allo scrivere ed alla carriera
televisiva.Vi lascio con la sua mini intervista sul suo programma sulla cucina turca,
sul Good Food Channel,dove parla con eloquenza e passione dell'argomento





BUON APPETITO!

Saturday 13 October 2012

BISCOTTINI CON MANDORLE E CILIEGINE


Quando il quotidiano si trasforma in un calvario burocratico e la giornate si passano a scrivere alle banche,al Comune,a quelle sante creature della tv licensing,all'azienda del gas ed agli avvocati,le avventure culinarie si riducono all'apertura di una scatoletta di tonno.
Ciononostante,durante i periodi di malcontento bisogna pur mangiare brioche....
Ecco quindi una ricetta sciue' sciue' che fa comunque la sua figura e che causa regolarmente delle mini risse tra i bambini dell'asilo del mio quartiere.
Mi illudo che le mini risse dei pargoli siano causate dalla bonta' dei biscotti,ma so bene che gli angioletti in questione non perdono la piu' piccola occasione per potersi prendere a pugni.C'e' qualcosa nell'acqua dell'est di Londra....(oltre al cryptosporidium,s'intende).
Ma bando alle ciance ed ecco la mini ricetta.

INGREDIENTI
150 gr di farina
100 gr di burro freddo
1 uovo
1-2 cucchiai di zucchero
1 pizzico minuscolo di sale
1 goccia di aroma di mandorle chimival
mandorle a lamelle
ciliegine candite
extra zucchero per il topping

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1: mettere farina,zucchero,burro tagliato a dadini,sale ed essenza di mandorle
nel robot.

2: usando il pulsante ad intermittenza,ridurre il tutto ad un sable'.
Quindi aggiungere l'uovo e continuare a mischiare fino a quando non si formera' una
palla e la pasta si stacchera' dalle pareti del robot.

3: mettere la pasta in frigo per almeno un'oretta,quindi stenderla ad uno spessore
molto fino

4: tagliare col coppapasta ed adagiare su una teglia foderata con carta da forno.
Se ci si vuole assicurare che i biscotti mantengano perfettamente la loro forma,
metteteli in frigo per 10-15 min.


5: cospargere i biscotti abbondantemente di zucchero e mandorle a lamelle.
Bagnarsi le mani brevemente e spruzzare la superficie dei biscotti con la punta
delle dita.Infornare a 175 gradi e lasciar dorare per bene.

6: una volta fuoriusciti dal forno,decorare i biscotti con le ciliegine candite e
raffreddare su una gratella.Servire con una scatoletta di tonno.....


Note. Chi capita da queste parti sa che questo blog non ha pubblicita'.
Ho menzionato l'aroma Chimival semplicemente perche' e' un
prodotto superiore alla norma,per purezza ed intensita'.
Per risultati ottimali,stendete la pasta veramente sottile.

BUON APPETITO!



Tuesday 25 September 2012

OSSOBUCO ALLA BOURGUIGNONNE


E' chiaro che non posso che ringraziare il gentile signore che tanti anni
fa mi introdusse nel mondo di Julia Child,ma e' anche vero che non tutto il bene vien per giovare.
Mi sembra normale che se si porta un maiale al caviale,il maiale aggiungera' le ghiande a quel caviale....
Seguirono anni di taroccamenti oltraggiosi e ricordo ancora in maniera vivida la costernazione del signor Schwartz,troppo buono per dirmi apertamente che quelle pietanze che venivano fuori dalle mie manine erano delle porcate insalvabili.
Ma si sa,per ogni trentina di ricette che DEVI buttare,una la salvi.
E,guarda caso,quella che salvi e' quella dove non c'e' un vero taroccamento.
Insomma la morale della storia e' sempre quella...
Concordo con uno dei guru della blogosfera che la Child e' un fenomeno principalmente americano,e forse non e' un caso che il signor Schwartz venisse dal Massachusetts,
ciononostante sono rimasta sgomenta nell'apprendere che Mastering the Art of French Cooking non sia stato tradotto in italiano.
La ricetta non si discosta tanto da quella della Child:ho messo meno cipolle,qui la carne e' con l'osso ed
ho aggiunto delle patate,che comunque vengono consigliate dall'autrice come contorno.
Come vino,ho usato un St.Emilion,che per un' astemia non e' mica male...

INGREDIENTI
180 gr di carote tagliate a pezzettoni
85 gr di cipolle,tritate o a fette sottili
375 gr di patate tagliate a pezzettoni
40 gr di olio d'oliva extra vergine
160 gr di vino rosso
600-650 gr di ossibuchi
12 gr di farina
400 gr di pomodori pelati tagliati a pezzettini
285 gr di funghi champignons tagliati a fette sottili
110 gr di pancetta a cubetti
400 gr di brodo leggero,di manzo o anche di pollo
un rametto di timo
una foglia d'alloro
sale e pepe



1:mettere in una pentola capiente e dal fondo spesso le carote,cipolle,patate,alloro,timo,olio d'oliva ed un pizzico di sale e pepe.
Rosolare a fuoco lento per circa 10 minuti.

2:nel frattanto riscaldare per bene un padellone,ungere con la punta delle dita gli
ossibuchi e far colorare per bene da entrambe le parti.Quindi rimuovere gli ossibuchi
e metterli in un colapasta con un piatto fondo/recipiente sotto.
Spegnere il fornello e versare il vino nella padella ancora caldissima,rimestando con
un cucchiaio di legno per dislocare le gloriose crosticine sul fondo della padella.

3:a questo punto aggiungere la farina ai vegetali rosolati,rimestare per bene e
cuocere per 2-3 minuti.Aggiungere gli ossibuchi,il vino,i pelati,il brodo ed un
altro pizzichino di sale e pepe.

4: portare ad ebollizione,quindi abbassare la fiamma e lasciare che il tutto si culli
in un sobbollire dolcissimo,come la Nigella nei suoi programmi.

5:in una padella bella calda,rosolare la pancetta e poi scolarla del grasso in
eccesso.
Nella stessa padella rosolare i funghi.

6: dopo 2 ore e mezza di cottura,aggiungere i funghi e la pancetta alla pentola,
rimestare e continuare la cottura per altri 10 minutini.
Far raffreddare almeno 30-40 minuti prima di servire.


NOTE. Un piatto classico,a giusta ragione.Buono se fatto con amore,buonissimo se fatto
il giorno prima.Sono adattissimi i piccoli ossibuchi,piuttosto che quelli di
grandi dimensioni,lo stufato ci guadagnera' in sapore e texture.
Il nome St Emilion mi fa venire in mente cose assai golose,ma per quelle
robe ci saranno altre occasioni....

BUON APPETITO!

Monday 10 September 2012

MELANZANE ALLA PIZZAIOLA




Nella cucine professionali la semplicita' e' un concetto spesso sottovalutato.
Ciononostante i cuochi sono consci della difficolta' delle cose semplici e non e' certo
un caso che i fratelli Roux chiedano a chiunque voglia lavorare con loro di preparare
l'uovo fritto.
Anch'io sono dolorosamente conscia delle difficolta' dei "piatti da niente",
dato che questo piatto,un capolavoro nelle mani di mia madre,diventa erm,commestibile
quando preparato dalla sottoscritta.
Propongo comunque la non ricetta,sapendo che in mani migliori puo' essere uno sfizio di rara bonta'(qui devo ammettere di essere di parte,poiche' le melanzane sono le mie creature vegetali preferite)

INGREDIENTI
2 melanzane
una manciata di foglie di prezzemolo
3-4 spicchi d'aglio
una decina di pomodorini
sale
olio extra vergine d'oliva
olio di semi per friggere

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1:preparare un intingolo con aglio e prezzemolo finemente tritati,
pomodorini (anch'essi tritati,ma non finissimi),olio d'oliva e sale


2:tagliare le melanzane a meta' nel senso della lunghezza,quindi praticare dei tagli
profondi(senza pero' intaccare la pelle),prima nel senso della lunghezza e poi
perpendicolarmente in modo da ottenere un effetto grata.

3:far riscaldare abbondante olio di semi e friggere le melanzane,prima dalla parte
della buccia e poi dalla parte tagliata.Mentre friggono,la parte carnosa dovrebbe
leggermente aprirsi,creando degli interstizi,nei quali,una volta scolate le
melanzane dall'olio bollente,si dovra' inserire l'intingolo precedentemente
preparato.



4:quindi passare le melanzane in forno a 180 gradi per 15 minuti circa.
Buone calde,ma ancora meglio fredde.

NOTE.
Vista la ricetta,non c'e' poi tanto da aggiungere.Suggerirei di non ignorare
il metodo frittura + infornata,poiche' e' cio' che dona alle melanzane una straordinaria cremosita'.E' curioso notare che questa ricetta appare,con minime variazioni,su alcuni libri di ricette sarde come "melanzane ripiene".

BUON APPETITO!

Sunday 2 September 2012

ANZAC BISCUITS







A volte lo spirito di una ricetta puo' essere piu' importante della ricetta stessa.
Elizabeth David sosteneva che un libro di cucina,pur contenendo ricette vaghe ed imprecise,poteva comunque essere un libro valido,purche' identificasse con chiarezza
lo spirito di una cucina,l'approccio verso il cibo di una popolazione.
Come sempre la David aveva visto giusto.
Mi viene subito in mente Celebrating Italy,il bel libro di Carol Field dedicato al cibo prodotto in tutta la nostra penisola in occasione di feste religiose,sagre gastronomiche e celebrazioni di vario tipo.
Field,tanto per esemplificare,da' una ricetta per il coccoi,il tradizionale pane di semola sardo,e la ricetta non puo' certo dirsi perfetta.
Pero' nel suo libro l'autrice raggiunge altri scopi: presenta al pubblico americano un complesso strato di ricette sconosciute od oscure ai piu',rimuovendo in maniera perentoria la percezione (non cosi rara 20 anni fa) che la cucina italiana sia un semplice affare di minestrone,pizza,lasagne e spaghetti with meatballs.
Purtroppo,volenti o dolenti,e nonostante lo straordinario lavoro di tanti (tra cui la David stessa e,negli Stati Uniti,piu' di ogni altro,Hazan),la cucina italiana all'estero e' sempre "luce rifratta" e Field ha il merito di descrivere in maniera competente ed allettante preparazioni genuinamente italiane piuttosto che "all'italiana".
Non solo,ma inserisce le preparazioni in un contesto sociale ben preciso e mostra l'importanza del cibo come offerta nell'ambito religioso,o come simbolo,od entrambe le cose (si pensi alle uova nei pani pasquali,simbolo di rinascita e rigenerazione,o alle fave dei morti,o alle scarpette di Sant'Ilario).
Un simile approccio e' quello di Elisabeth Luard,nel suo Sacred Food- Cooking for spiritual Nourishment.
Anche qui,il cibo e' quello legato a dei contesti ben precisi:la nascita di un bambino,il fidanzamento,il matrimonio,la morte,tutte tappe importanti dell'esistenza umana.E' qui si arriva al nocciolo della questione: e' possibile considerare il cibo
semplicemente come "combustibile" per il nostro corpo?
Avrei pochissime esitazioni nel dare una negativa,ed infatti la considererei una domanda retorica.
Non la pensa cosi Steven Poole,autore di un'articolo sulla "sessualizzazione" del cibo,in cui,nel paragrafo finale ci esorta a considerare il cibo per cio' che e' (semplicemente cibo).
Impossibile commentare tutto l'articolo,poiche' trasformerebbe un post noioso in un supplizio.Sia sufficiente dire che il signor Poole comincia con un attacco al vetriolo alla Nigella nazionale,sapendo di poter contare sulle simpatie di un certo pubblico.Da li comincia ad arrampicarsi sugli specchi per arrivare all'esortazione finale,che,francamente,comincio a pensare sia una provocazione in cui le mentecatte come me cadono come i prosciutti in mezzo ai piranhas.
Insomma immagino l'autore sappia benissimo che se trattassimo il cibo semplicemente come cio' di cui abbiamo bisogno per vivere,saremo ippopotami o rinoceronti,e non esseri umani.Ne' cureremmo la forma di cio' che mangiamo,dettaglio/indizio non trascurabile e meritevole di un post a se'.
Ma bando alle ciance e passiamo ad una ricetta...
Gli Anzac biscuits sono piuttosto conosciuti e probabilmente sapete gia' che Anzac e' l'acronimo di Australian and New Zealand Army Corps.La loro associazione al mondo militare e' tale che uno dei primi nomi di questi biscotti era Soldier's biscuit
Sono una specialita' di origine recente ( i primi Anzac prodotti commercialmente risalgono al 1935,quelli della tradizione popolare li precedono approssimativamente di un paio di decenni) ma cio' nonostante la loro nascita e' oggetto di discussione.
Esistono varie teorie,la piu' accreditata e' quella secondo cui questi biscotti venivavano preparati dalle famiglie australiane per essere spediti ai soldati al fronte.Gli Anzac sono probabilmente scaturiti dalla reazione delle donne australiane e neozelandesi al malcontento dei soldati per le Anzac tiles/wafers a loro dispensati.Vale la pena precisare che le Anzac tiles/wafers non sono dei biscotti ma, essenzialmente, una tipologia di pane quasi non deperibile e,secondo alcuni,quasi non commestibile (alcuni di questi wafers sono arrivati fino a noi,dato che a volte i soldati li trasformarono in cartoline o portafotografie).Gli scrittori Michael Symons e Barbara Santich sostengono che gli Anzac siano,insieme ai lamingtons e ai pumpkin scones,gli unici cibi "all australians" .Non posso non notare l'esclusione della pavlova.Peraltro la diatriba tra australiani e neozelandesi riguardo alla paternita' della pavlova si ripete con gli Anzac biscuits.....

INGREDIENTI

65 gr di fiocchi d'avena
50 gr di cocco grattugiato (non fresco)
70 gr di zucchero
45 gr di farina
80 gr di mandorle o noci di macadamia,tritate grossolanamente
1 cucchiaio di golden syrup
1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio
1 cucchiaio di acqua bollente
un nanopizzico di sale
62 gr di burro fuso (non caldo)

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1: Mischiare in una ciotola avena,zucchero,noce di cocco,farina,mandorle/macadamia e
sale.
2: sciogliere il bicarbonato nell'acqua bollente,quindi aggiungere il golden syrup ed
il burro fuso e versare nella ciotola dell'avena,etc, amalgamando il tutto
velocemente.


3: formare 9-10 biscotti,appoggiarli su della carta da forno e riporli in
frigorifero per mezz'ora.


4: infornare per 10-15 minuti a 170 gradi e quindi lasciar raffreddare su una
gratella.

NOTE. Gli Anzac biscuit tradizionali non contengono mandorle o noci di macadamia,
sono una mia aggiunta.
Per la versione classica bastera' ometterle,senza alterare la quantita' dei
rimanenti ingredienti.
Il 25 Aprile e' Anzac Day,una giornata importante e piuttosto "emotional" per
l'Australia e la Nuova Zelanda.Si ricorda un momento fondamentale,la nascita
di una nazione nel bagno di sangue di Gallipoli.Per tale ragione gli Anzac
biscuits sono considerati "a culinary memorial".
Un particolare importante riguardo alla forma e alla texture di questi
biscotti; li faccio da anni e nonostante gli indizi di autenticita' ci
fossero tutti (ho imparato a farli da un simpatico signore australiano,e so per
certo che si tratta della ricetta della madre),sono stata come San Tommaso
e non credevo che la apparenza dei biscotti fosse quella giusta.Per anni mi
sono adoperata per ottenere un biscotto simile ,nell'apparenza,ai cookies
americani,piuttosto che i dischi piatti che ottenevo io.Eppure,leggendo in
giro mentre preparavo il post,mi sono imbattuta in un commento di una signora
che ricorda gli anzac fatti dalla madre negli anni 20 e li descrive come "not
as thin as brandy snaps,but considerably thinner than the biscuits i see
today".Per ottenere tale risultato bastera' schiacciare legermente i biscotti
e non riporli in frigo prima di infornarli.

BUON APPETITO!




Sunday 19 August 2012

LEMON DRIZZLE CAKE



When life gives you lemons,make lemonade...
Mhh,quanto sono lontani tempi dell'innocenza...
Oggigiorno, se la vita mi da limoni faccio di tutto fuorche' lemonade.
Non che ci sia niente di malvagio nella lemonade.
E' che i dispiaceri e le amarezze ed i dolori d'amore (George Clooney,qui in Sardegna,non mi ha nemmeno chiamata..) annegano piu' facilmente in una fragrante fetta di torta che in un bicchiere di limonata.
Soprattutto se la torta in questione e' una lemon drizzle cake.
E' una torta disarmante nella sua semplicita' e nella sua bonta';
e' un vero caposaldo della pasticceria britannica ed e' infatti una delle primissime
torte che si impara a fare in una qualsiasi scuola di cucina inglese.
Non ha certo bisogno di frizzi e lazzi e la sua morte e' una buona tazza di Earl Grey.
Con le quantita' che seguono si potra' riempire uno stampo da plum cake di 25 cm.

INGREDIENTI
200 gr di zucchero al velo
250 gr di burro a temperatura ambiente
250 gr di farina autolievitante
1/2 cucchiaino di lievito chimico
5 uova
la buccia grattugiata di 2 limoni
1 cucchiaio di succo di limone
1 pizzichino di sale

Per lo sciroppo:
210 gr di zucchero
120-130 gr di succo di limone
la buccia di mezzo limone privata dell'albedo e tagliata a julienne

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1: montare zucchero e burro ed aggiungere,una alla volta,le uova.

2: aggiungere i rimanenti ingredienti e mischiare brevemente.

3:versare il tutto in uno stampo da plum cake foderato con carta da forno




4: infornare a 170 gradi fino a quando uno stecchino inserito nella parte piu' spessa
della torta uscira' asciutto.




5: rimuovere la torta dallo stampo e lasciar raffreddare per 15-20 minuti.
Preparare lo sciroppo portando gli ingredienti ad ebollizione per poi
spegnere immediatamente il fornello.

6: mettere la torta sottosopra e perforare il fondo ripetutamente con uno spiedino
ed irrorare generosamente con lo sciroppo tiepido.

7: girare la torta,riportandola nella sua posizione "naturale",adagiarla su un piatto
e ripetere l'operazione. "Spolverare" immediatamente con un filo di zucchero,nel
caso si desideri una crosticina croccante.

8: lasciar riposare almeno 1-2 orette,quindi preparare l'Earl Grey.
Come dice qualcuno,less is more....



NOTE. Questa e' una torta che occasionalmente puo' avere una tendenza ad "impazzire".
Ai primi segni d'instabilita' dell'impasto bastera' aggiungere un cucchiaio di
farina per poi procedere normalmente.L'irrorare la torta sia sotto che sopra
da senz'altro risultati migliori del metodo tradizionale,che prevede lo
sciroppo solo "on top".Per via della notevole quantita' di buccia di limone
uso limoni non trattati.

BUON APPETITO!