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Sunday 8 September 2013

AJVAR

Avevo adocchiato questa specialita' serba gia' qualche anno fa nel libro Mediterranean Cooking di Paula Wolfert,
e non c'e' dubbio che la signora in questione abbia scritto dei capolavori.
Purtroppo Mediterranean Cooking non rientra tra questi e la presenza dei peperoni verdi(che non amo particolarmente) nella ricetta ha fatto si che mi tenessi alla larga da questa preparazione.
Nonostante in Serbia se ne producano piu' 600 tonnellate all'anno,l'ajvar e' un condimento poco conosciuto ed e' raramente menzionato nei libri di cucina.
Ho scoperto solo recentemente che l'ajvar con i peperoni rossi e' comunissimo e cosi mi sono decisa a prepararlo.
La parola ajvar significa "caviale" e' cio' non e' interamente fuori luogo.
Merita assolutamente di essere piu' conosciuto,e chi lo fara' capira'....

INGREDIENTI
4 peperoni rossi di media grandezza
1 melanzana
35 gr di olio d'oliva extra vergine + extra per ungere la teglia
17 gr di aceto di vino bianco
15 gr di zucchero
3-4 gr di peperoncino tritato finemente
uno spicchio d'aglio grassottello,tritato finissimo
sale qb
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1: tagliare la melanzana a meta' nel senso della lunghezza e porla,insieme ai peperoni,in una teglia da forno appena unta.
Infornare a 180-190 gradi fino a quando la pellicina dei peperoni comincera' ad annerirsi.(I peperoni avranno bisogno di
essere rigirati durante la cottura,la melanzana potra' rimanere cosi com'e')

2: una volta rimossi dal forni,mettere I peperoni e la melanzana in un contenitore,coprire per bene con la pellicola
trasparente e lasciar riposare per 20 minuti circa.

3: spellare i peperoni e la melanzana e rimuovere i semi e la placenta dai peperoni.
Una volta puliti,tagliare gli ortaggi a cubetti molto piccolo.



4:riscaldare l'olio d'oliva in una padella,soffriggere brevissimamente l'aglio ed il peperoncino
e quindi aggiungere i peperoni e la melanzana.Aggiungere il sale e cucinare fino a quando la parte liquida sara' evaporata
e l'ajvar avra' l'aspetto di una pappa.


5: aggiungere zucchero ed aceto e continuare la cottura per alcuni minuti fino a quando il tutto si riaddensera'.
Invasare in un vasetto precedentemente sterilizzato ed aspettare un giorno prima di consumare.


NOTE. Un'ovvieta':evitare di passare i peperoni sotto l'acqua corrente quando li si pulisce.Per chi ama il sapore
"affumicato",e' possibile preparare una golosa variazione cuocendo la melanzana direttamente sulla fiamma del
fornello,avendo poi cura di rimuovere attentamente la pelle bruciacchiata.Per i puristi questo probabilmente sarebbe
un "pindur", dato che i vegetali sono tagliati a mano e non passati nel tritacarne.Preferisco di gran lunga la
versione tagliata a mano.Il condimento e' estremamente versatile,ottimo nei panini,col pesce e con le carni bianche.
La quantita' di peperoncino e' ovviamente indicativa.Ho usato uno scotch bonnet,una varieta' quasi letale.

BUON APPETITO!

Monday 2 September 2013

CURRIED MARROW SOUP



Da queste parti ho spesso dovuto vedermela con un vegetale mai incontrato presso i verdurai italiani.
Parlo del cosiddetto "midollo vegetale" (vegetable marrow),overossia una sorta di zucchina cresciuta a dismisura,
il cui sapore delicato e' piu' o meno scomparso.
Al mio primo incontro con il marrow ho semplicemente pensato di aver avuto un'infanzia ovattata,durante cui certe mostruosita' della natura sono state tenute nascoste dai miei genitori,ma una veloce occhiata alla solita bibbia culinaria di Alan Davidson
svela l'arcano,descrivendo questo vegetale come a mainly British phenomenon.
Non e' solo British pero' l'abitudine di creare vegetali giganteschi da poter poi esibire nelle sagre e/o competizioni annuali,nella speranza di poter mettere le grinfie sul primo premio,usualmente una generosa ricompensa monetaria.
Recentemente un ragazzo di 10 anni in Alaska ha presentato un cavolo di quasi 42 chili




foto presa da qui

Ma torniamo al marrow.Per le ragioni gia' citate,si tratte di un vegetale molto economico,non amatissimo,generalmente
usato per fare marmellata (spesso con lo zenzero) o chutney.
Ho scelto una strada diversa,optando per il curry,senz'altro capace di ravvivare anche il piu' anonimo dei vegetali.
INGREDIENTI
85 gr, di cipolla tritata
115 gr di patate,tagliate a cubetti
335 gr di marrow,o zucchini,tagliate a cubetti
30 gr di burro
15 gr di olio di semi d'arachidi
6 gr di polvere di curry "madras"
un pizzico di curcuma
un pizzico di pepperoncino secco
2 cardamom,appena pestati nel mortaio
330 gr di brodo di pollo
sale
un goccio di panna o di latte di cocco per servire a tavola(facoltativo)
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1:scaldare l'olio ed il burro in una pentola dal fondo spesso e soffriggere brevemente la cipolla.
Quindi aggiungere le patate, il marrow (o zucchine)ed un pizzico di sale e continuare a soffriggere fino a quando
la cipolla sara' tenera e dorata.

2:aggiungere il madras,la curcuma,il pepperoncino ed i cardamomi e cuocere BREVISSIMAMENTE,rimestando gentilmente il tutto.

3: versare il brodo di pollo nella pentola e cuocere fino a quando le patate cominceranno a sfaldarsi.

4: lasciare riposare brevemente e quindi aggiustare di sale.



5:infine,affondare lo schiacciapatate per tre-quattro volte nella pentola per ottenere la consistenza di una
pappa, e servire nature o con un cucchiao di panna o latte di cocco per porzione.
Con questa ricetta si otterranno due porzioni.



NOTE. Non avendo a disposizione il madras,una normale polvere di curry dara' comunque risultati soddisfacenti.
E' assai importante soffriggere il curry per il minimo necessario,Il madras contiene fieno greco (cosi come tante altre
polveri di curry) e diventa amaro/brucia facilmente.Nel caso vi capitino tra le grinfie delle foglie di curry,rese
croccanti in padella con un po' d'olio,sono un'ottima aggiunta alla zuppa.

BUON APPETITO!

Tuesday 23 July 2013

SCONES CON PARMIGIANO E PANCETTA

 
Gli scones sono una cosina tipicamente inglese che non ha un vero equivalente nella cucina
italiana.Esistono sia dolci che salati e la loro consistenza e' piu' morbida di un biscotto,ma decisamente piu' dura di una torta.Sono anche piuttosto asciutti e difatti non sempre piacciono a chi li assaggia per la prima volta.Io li amo svisceratamente,ma cio' potrebbe essere semplicemente un'indicazione che ho passato troppo tempo da queste parti..
Gli scones sono un elemento fondamentale dell'afternoon tea,ma dato che la rete abbonda di buone ricette per i classici "sweet" scones,ho deciso di proporre quelli salati e di avvicinarli al palato italiano aggiungendo della pancetta e del parmigiano reggiano.
Ecco come farli:
ingredienti
15 gr di senape in polvere
415 gr di farina autolievitante
10 gr di sale
un cucchiaino di lievito chimico
60 gr di burro freddo,a cubetti
60 gr di parmigiano gratuggiato
122 gr di pancetta,tagliata a cubetti
300 gr di latte,circa
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1:mettere I cubetti di pancetta in padella e farli saltare sino a quando rilascieranno un po' del
loro grasso.I cubetti dovranno essere appena croccanti.



2:nel frattanto,mettere i rimanenti ingredienti,tranne il latte ed il parmigiano,nel robot.
Azionare le lame brevemente fino ad ottenere un sablé.


3:versare il sable' in una ciotola ed aggiungere il parmigiano e la pancetta.


4:aggiungere il latte ed impastare il piu' brevemente possibile fino ad ottenere una pasta.
Stendere la pasta col mattarello fino ad uno spessore di circa 3cm e tagliare con un coppapasta
(il mio era del diametro di 7cm).Raccogliere i ritagli e ristendere e formare gli scones fino ad
eusarimento della pasta.



5:infornare a forno vivace (180-190 gradi)per una quindicina di minuti,fino a quando gli scones
saranno dorati ed asciutti.
Lasciare raffreddare per almeno 15 minuti su una gratella.Voila'!


Questa ricetta va alla tappa inglese dell'Abbecedario Culinario della Comunita' Europea

NOTE.Per il sable' e' essenziale che il burro sia freddo.Gli scones richiedono una mano delicata e
vanno a malapena impastati.Per tale ragione vale lo stesso consiglio che viene generalmente
dato per il soda bread:aggiungere il latte (per quanto possibile)in un colpo solo.Per favorire
la crescita in altezza degli scones e' utile intingere il coppapasta nella farina tra un taglio
e l'altro.Last but not least:buoni cosí come sono,squisiti con mezzo pomodoro al forno/confit.

BUON APPETITO!



Saturday 13 July 2013

IL PANE DI NEWCASTLE

 
Ammetto che quando arrivai a Londra l'idea di comprare il pane una o due volte alla settimana e tenerlo in frigo
(la norma) mi lasció sgomenta.D'accordo,erano tempi in cui ci si metteva 3 ore per vestirsi ed un altro paio d'ore per farsi il trucco ed i capelli ed il tempo per fare la spesa era pressoché inesistente,ma,come si suol dire,si puo' togliere una ragazza dall'Italia ma non si puo' togliere l'Italia dalla ragazza.
Il pane buono a Londra (per quanto qualche animo nobile ci sia sempre stato) e' un fenomeno relativamente recente,un "lusso" degli ultimi venticinque anni.
Oddio,l'Inghilterra vanta senz'altro degli ottimi pani tradizionali,ma a Londra sono stati spazzati via dale solite leggi del mercato,complice il DNA inglese,che considera/va l'apprezzare il buon cibo
come un tabú.
Le cose sono andate diversamente nelle campagne ed "up north",dove le tradizioni sono rimaste ed e' ancora possibile trovare del pane inglese di vecchio stampo.La ricetta che segue e' presente un po' in tutto il Nord,ma e' legata in particolare alla zona di Newcastle,una citta' che ha una storia piena di travagli,ma che continua a risorgere come l'araba fenice ed ad occupare un ruolo piuttosto importante per l'economia del Nord dell'Inghilterra.
Ma torniamo al pane in questione.E' noto come stottie cake ed viene tradizionalmente farcito con
pease pudding (una purea di piselli secchi*) e maiale salato.
Alternativamente,lo si farcisce con la classica colazione inglese di uova,salsicce e bacon.
Se tutto cio',visto il calore estivo,non ha nessun effetto sulle ghiandole salivare,posso assicurare che il pane e' ottimo con dei pomodorini ed un filo di buon olio d'oliva...
Ecco la ricetta.
INGREDIENTI
908 gr di farina forte (ad alto contenuto proteico)
85 gr di burro
40 gr di lievito
16 gr di sale
568 ml di latte intero ed acqua (meta' e meta'),appena tiepidi
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1: tagliare il burro a cubetti (assicurarsi che il burro sia ben freddo),metterlo nel robot
con la farina ed il sale e ridurre il tutto ad un sable'.Questa e' un'operazione che richiede un
tempo brevissimo,od il burro si appiccichera' alla farina.

2: sciogliere il lievito nell'acqua ed il latte ed aggiungerlo al sable'.Impastare brevemente (io
impasto a mano,per circa 5 minuti).Mettere la pasta ottenuta in una ciotola capiente appena unta,
coprire con pellicola trasparente e lasciar lievitare al calduccio fino al raddoppio.




3: quindi "sgonfiare la pasta,dividerla in due parti uguali e formare due cerchi di circa una
trentina di centimetri.Adagiare i cerchi di pane su due teglie da forno leggermente infarinate,
coprire e lasciar lievitare ancora una volta fino al raddoppio


4: a questo punto,con la punta del polpastrello leggermente infarinata,praticate un foro al centro
dei due pani,spruzzate l'interno del forno con un poco d'acqua ed infornare a 220 gradi per
circa 15 minuti.A 4 minuti prima della fine della cottura,aprire velocemente il forno e
spolverare lo stottie con un poco di farina.
Appena cotti,mettere gli stotties a raffreddare su una gratella di modo che il vapore abbia la
possibilita' di dissiparsi e non appesantisca il pane.


Questo pane va a Panissimo,la bella iniziativa organizzata da Indovina chi viene a cena? e
Bread & Companatico.Se il pane e' una delle vostre passioni,un'occhiata a Panissimo e' obbligatoria!

NOTE.I piselli secchi per fare il pease pudding sono i pisum sativum ed esistono sia verdi che gialli.Sono inoltre protagonisti di una classica zuppa,detta London particular.
Ma veniamo alla nota piu' importante.Per quanto il pane sia buonissimo cosi com'e',ed il grasso presente nella ricetta potrebbe giusificare un poco di lievito in piu',la quantita' di lievito e',
per il palato moderno,un po' eccessiva.Come tanti altri,anch'io penso che il pane piu' buono viene fatto con quantita' minime di lievito.Avendo detto cio',ogni ricetta ha la sua storia ed il suo
contesto e qui si parla di un pane probabilmente creato da una comunita' di minatori e di keelmen
(trasportatori di carbone)e non di gourmands,e la raffinatezza dei prodotti da forno non era certo
una priorita'.I segni che la quantita' di lievito si possa diminuire ci sono tutti (d'accordo,ho fatto il pane in una cucina professionale,dove le temperature non scherzano,ma il "raddoppio" della
pasta e' stato veramente veloce).Preciso anche,dato che cio' influenza i tempi di cottura,che ho cucinato i due stotties separatamente.Si dovra' ottenere un pane ad alveolatura stretta,abbastanza
resistente per essere imbevuto nel gravy di coda di manzo(una sorta di ragu') senza che si spappoli.
Infine,per quanto sia assai soddisfatta degli stotties,se qualche animo nobile volesse provare la ricetta con meno lievito,e m'informasse dei risultati,ne sarei entusiasta!

BUON APPETITO!

Tuesday 25 June 2013

CREME BRULÉE / TRINITY CREAM


Cominciamo dall'inevitabile,cioe' la verita':la crème brulée é l'apoteosi della caloria.
Un miscuglio di circa 1 litro e mezzo di panna,16 tuorli ed una buona dose di zucchero fa sembrare Nigella una principiante,se inoltre si imburrassero le cocottes in cui questo dolce viene preparato,come fa la Mary Berry,allora si arriverebbe ai limiti della legalita'...
Ma,come direbbe la stessa Lawson,alleviare la sofferenza del genere umano non ha prezzo,ed io non
intendo contraddirla.
Visto il nome,sarebbe facile associare questo dolce esclusivamente alla cucina francese.In realta',sotto il nome di Trinity cream,questa preparazione fa anche parte della tradizione inglese,ed e' un'altro esempio di quello che alcuni chiamano "franglais cooking".
Il nome Trinity cream deriverebbe dal college di Cambridge in cui il dolce avrebbe avuto origine nel 1879.
In realta' il college stesso,che tra I suoi allievi ha vantato il principe Carlo,sostiene che la storia non e' confermata dai fatti.
Ed infatti gia' nel 1764 e nel 1769 Elizabeth Moxon ed Elizabeth Raffald diedero una ricetta per Burnt cream,e ricette straordinariamente
simili apparvero gia' all'inizio del 700.
In Francia,la prima menzione scritta della crème brulée risale al 1691.
Ma bando al tergiversare ed ecco la ricetta.Premetto subito che uso un metodo oggigiorno inusuale
ma in realta' tradizionale.Ammetto che il metodo sia piu' difficile,dato il considerevole rischio che la crema impazzisca o non si raffermi,ma,per usare le parole di Simon Hopkinson (questa e' una sua ricetta)
"the resultant voluptuousness of the crème is infinitely more satisfying"
Anche Jane Grigson,che certo non era una scapestrata,usava questo metodo.

INGREDIENTI
3 pinte(1700ml) di panna
16 tuorli

5 once e mezzo(155 gr) di zucchero super fino
3 baccelli di vaniglia
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1: mettere la panna in una pentola dal fondo spesso,tagliare i baccelli di vaniglia nel senso della
lunghezza,estrarre i semini,ed aggiungere semini e baccelli alla panna.
 


2: montare i tuorli e lo zucchero nella planetaria fino ad ottenere una massa chiara e spumosa.
Portare panna e vaniglia ad ebollizione



3:versare la panna bollente sulla montata di tuorli e zucchero,mischiare velocemente e versare il tutto
nella pentola ancora calda.
mettere la pentola sul fuoco,a fiamma molto moderata,e tenere d'occhio la crema con attenzione estrema
,rimestando continuamente con un cucchiaio di legno od una spatula in silicone.La crème sará pronta quando
,pur essendo ancora liquida,si sara' addensata ed offrira' una certa "resistenza" durante il rimestare.
Mi scuso per le istruzioni un po' vaghe,io non ho mai usato il termometro,ma mi informano dalla regia
che la crème dovrebbe raggiungere la temperatura di circa 80 gradi.

4: versare la crème nelle cocottes/ramekins precedentemente raffreddate e mettere il dolce in frigo per
almeno qualche oretta.Volendo il composto puo' essere versato nelle cazuelas da crema catalana;sono in tanti a preferire una brulée con una maggiore superficie di zucchero caramellato.



5:prima di servire il dolce,cospargere con zucchero Demerara (zucchero di canna grezzo),e caramellare la superficie della brulée con il cannello

6: questo sara' il risultato finale.Sotto una croccantissima crosticina di zucchero caramellato
fara' capolino una voluttuosa crema alla vaniglia..


NOTE. La panna usata e' la mitica double cream,una panna particolarmente grassa e densa.
Per quanto non abbia mai provato,immagino che questa ricetta possa essere eseguita cucinando
le brulées in forno, a bagno maria.
Con questa ricetta si otterra una quantita' notevole di crème brulée,decisamente troppa per una cenetta casalinga.Dividendo la ricetta per tre dovrebbero ottenersi tranquillamente 6 ramekins/cocottes.

BUON APPETITO!

Wednesday 19 June 2013

SMOKED MACKEREL PATÉ

Lo sgombro.il merluzzo e l'eglefino sono probabilmente I pesci piu' apprezzati nel Regno Unito.
In questo trio,salta all'occhio lo sgombro,poiche' non viene mai utilizzato per il fish and chips,piatto portabandiera della gastronomia Britannica.
Inoltre e' l'unico tra i tre ad aver mantenuto una vaga idea di stagionalita',probabilmente perche'
tradizionalmente accompagnato da uva spina o rabarbaro,entrambi piu' o meno introvabili fuori stagione.
L'abbinamento con l'uva spina puo' sembrare eccentrico,ma e' esistito per lungo tempo anche in Francia,dove
sebbene tale abbinamento sia ormai desueto,l'uva spina viene ancora chiamata groseille a maquereau (letteralmente ribes per lo sgombro).
Con la sua veste argentea ed I suoi ghirigori in neretto,e' un pesce straordinariamente elegante e non mi sorprende che in vecchio slang inglese mackerel significhi dandy.Un po' piu' preoccupante il fatto che ,in francese , macquereau indichi anche il pappone/protettore....
Né l'aspetto dello sgombro poteva sfuggire ad una talentuosa signora del mio quartiere,che nel 1989
lo disegno' magnificamente per un libro(il tomo,guarda caso,contiene anche una ricetta per la salsa di uva spina) fatto in collaborazione con Alan Davidson.
Per quanto lo scan detragga tantissimo dalla bellezza dell'illustrazione,non posso esentarmi dal
postarla..

Illustrazione di Charlotte Knox tratta da Seafood- A connoisseur Guide and Cookbook


Ma bando alle ciance ed ecco come preparare il pate' di sgombro affumicato.La ricetta e' di Trish Hilferty,
una cuoca australiana di grande talento residente a Londra.
Come dice lei stessa (nel suo libro Gastropub Classics,anch'esso contenente una ricetta per la salsa d'uva spina),non si tratta di una ricetta,ma solo di un paio d'istruzioni!


 


INGREDIENTI
200 gr di sgombro affumicato (peso netto)
100 gr di burro a temperatura ambiente
22 gr di succo di limone
pepe nero a piacere
un pizzico di peperoncino in polvere
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1:mettere tutti gli ingredienti nel robot e ridurre ad una pasta omogenea.

2:servire con dei crostini di pane,strofinati con un'idea d'aglio,capperi, pomodorini
e paprica dolce,alternando tali condimenti tra i vari crostini.





Il paté si puo' anche mettere in piccoli ramekins.In tal caso,avendo cura di sigillare il paté con del burro chiarificato (burro privato della sua parte proteica)ed assicurandosi che non ci siano bolle d'aria nella preparazione,il paté si manterra' in frigo tranquillamente per 5-6 giorni.



NOTE. Una preparazione semplicissima,dove l'attenzione al dettaglio fa la differenza.Lo sgombro affumicato
intero e' decisamente superiore ai filetti,nonostante questi si trovino piu' facilmente in commercio.
Inoltre lo sgombro affumicato a freddo e' infinitamente piu' succulento di una creatura che ha
subito l'hot smoking.
Capperi,pomodorini e paprica qui non sono mere decorazioni,ma elementi importanti,data la ricchezza
del pate'.Purtroppo un crostino tira l'altro e questa e' una ricetta pericolosissima.
BUON APPETITO!


Monday 27 May 2013

KEDGEREE



Il Kedgeree e' un piatto tipico della colazione inglese e,per quanto la sua popolarita' sembri diminuire,
non e' certo un piatto "oscuro".Tutti gli autori moderni,da Jamie Oliver a Nigella Lawson,da Gordon Ramsay a Delia Smith,ne forniscono una ricetta.Cosi pure fecero',in passato,Elizabeth David,Jane Grigson e gli altri mostri sacri della gastronomia britannica.
Inoltre,quasi con un pizzico di orgoglio,noto che lo fanno ancora nel mercatino domenicale sotto casa mia,
in una bancarella simpaticamente chiamata "What the Dickens" (lí fanno anche I mitici rognoncini alla diavola,un'altra classica preparazione della colazione inglese).





KEDGEREE AT THE SUNDAY MARKET

Un caro amico (cattivissimo,ma simpaticissimo,e mai tanto distante dalla verita') sostiene che il
kedgeree sia un piatto divorato dagli ottuagenari per ricordarsi del fatto che la Gran Bretagna aveva un
impero e per asserire che ancora dovrebbe averlo.
Indubbiamente il kedgeree e' un'eredita' del periodo coloniale britannico e fa parte di quel gruppo di pietanze che costituiscono la cucina anglo-indiana.
Molto e' stato scritto sulla cucina e sulla cultura anglo-indiana (l'Hobson Jobson,il dizionario di termini anglo-indiani e' una vera rivelazione,l'influenza indiana nella lingua inglese e' molto piu'
diffusa di quanto si pensi,)e non dimentichiamo che la celebre Worcestershire sauce,che gli spagnoli chiamano salsa inglesa e' di origini indiane e che alcuni curries,sebbene indiani nello spirito,hanno probabilmente avuto origine in Inghilterra.
Sappiamo,grazie all'Hobson Jobson,che il kedgeree e' nato da un piatto vegetariano indiano a base di riso e lenticchie (o moong dhal,vigna radiata) e che esisteva gia' nel 1340.Cio' che e' meno chiaro e' quando e perche' i legumi siano stati rimpiazzati dal pesce affumicato e dale uova sode.
Una delle teorie indicherebbe la necessita' di rimpiazzare le lenticchie decorticate con un qualcosa di un
colore simile,ed ecco quindi presentarsi all'appello l'eglefino affumicato (smoked haddock),dal caratteristico colore giallino.




In realta',non conosceremo mai le minutiae dell'evoluzione di questo piatto,ma poco importa.
L'importante e' che sia arrivato fino a noi e che ci sia data la possibilita' di gustarlo.
Le ricette degli autori menzionati in precedenza sono tutte diverse l'una dall'altra,
quasi a ricordarci,per l'ennesima volta, che quando si parla di "autenticita'" di un piatto,spesso
non esistono risposte definitive.
Certamente esistono dei parametri,in questo caso riso,uova e pesce affumicato,il resto lo fa il gusto personale.
Detto cio' detesto la panna nel kedgeree,e non lo compro mai nei ristoranti perche' e' un piatto inevitabilmente riscaldato o tenuto caldo e ne soffre parecchio.

KEDGEREE
30 gr di burro (ghee va anche meglio)
1 cucchiaino colmo di buon curry (ho usato Fiddes Payne Authentic Madras)
2 semi di cardamomo
2 chiodi di garofano
80 gr di riso basmati
215 gr di acqua
3-4 gr di sale
1 uovo sodo,tagliato a meta' od in quarti
1 filetto da 100 gr di eglefino affumicato
latte e acqua in ugual misura (circa 180 gr di ognuno)
2-3 gr di foglie di coriandolo tritate
extra burro o ghee per condire,facoltativo
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1:lasciare il riso a mollo per 15 minuti poi sciaquare per eliminare l'amido in
eccesso e scolare.Questa e' un operazione che generalmente viene ripetuta piu' volte.
Io mi trovo benissimo facendola una sola volta.

2 squagliare il burro/ghee in una pentola ed aggiungere il curry,il cardamomo ed chiodi di garofano.
Soffriggere per un minutino,quindi aggiungere il riso e tostare per un minutino.

3:dissolvere il sale nei 215 gr d'acqua e versare nella pentola."Sigillare" la pentola con carta d'alluminio (alternativamente usare il coperchio con dei barattoli di pelati/legume sopra,per limitare la fuoriuscita del vapore) e cuocere a fiamma bassissima fino a quando tutta l'acqua sara' assorbita.

4:mentre il riso cuoce far sobbollire l'eglefino nell'acqua ed il latte per 5 minuti.
Scolarlo gentilmente,rimuovere la pelle ed evenuali spine e tagliare a pezzettoni.

5:aggiungere il coriandolo(a fuoco spento) al riso,versare nel piatto di portata,aggiungere l'uovo
ed il pesce,ed irrorare,volendo ,con un poco di ghee/burro fuso in piu'





NOTE. Qualche osservazione sul pesce e'doverosa.Innanzitutto quello nella foto e' il filetto di eglefino
piu' piccolo che sia riuscita a trovare.Ciononostante era una porzione generosa per quantita' cosi
ridotte di kedgeree.E' conveniente,e senz'altro piu' etico, comprare un filetto piu grande e
raddoppiare le dosi del riso.Ho volute postare la foto del Kedgeree del mercatino,pur non avendolo
mai mangiato,per sottolineare un particolare importante.Guardando la foto,si nota che il pesce e'
decisamente piu' pallido rispetto a quello usato dalla sottoscritta.Cio' e' sinonimo di miglior
qualita'.In breve,nel caso vi imbattiate in questa creatura affumicata,dal vostro pescivendolo,
date sempre precedenza alla versione piu' chiara.Sfortunamente i supermercati "rinforzano" il colore
con colorante (un tempo E102,oggi fortunatamente vietato).Forse queste sono considerazioni superflue
data la rarita' di questo pesce in Italia.Il kedgeree si puo' fare comunque con altri pesci.
Last but not least,vale la pena menzionare che Nigella Lawson,nel suo libro Feast,propone un
kedgeree risotto che,a suo avviso,e' migliore del kedgeree stesso.
Che un piatto anglo-indiano stia per diventare anglo-italo-indiano?

BUON APPETITO!





Friday 17 May 2013

GRANITE



La stagione estiva e' ormai alle porte e la voglia di cucinare,impastare ed accendere il forno ben presto si affievolira'.Il desiderio' di qualcosa di fresco diventera' necessita' e cosi ho deciso di fare delle "prove tecniche di trasmissione" con queste granite.
La granita e' una specialita' indissolubilmente legata alla Sicilia.Si tratta dell'evoluzione logica
dello sharbat orientale,che fece la sua apparizione in Sicilia ai tempi della dominazione araba.
Questa delizia della cucina siciliana,ormai preparata un po' dappertutto,e' ormai parte del DNA culinario
italiano,ed e' una preparazione che diamo quasi per scontata.
Il tempo,e l'invenzione del frigorifero,ci hanno fatto dimenticare della straordinaria importanza della
neve in tempi andati....
"In questo clima,una carestia di neve,impaurisce quanto la mancanza di grano,vino od olio.
Mi trovai a Siracusa nel1777,e non c'era neve.Si sparse la voce che una piccola nave di passaggio avesse la stiva carica di neve.Senza discutere,la popolazione si ammasso' al porto e domando' che la nave cedesse il suo carico alla citta'.Quando la ciurma rifiuto',la nave venne attaccata e saccheggiata,e diversi siracusani persero la vita nella battaglia"

(JEAN HOUEL- Voyage pittoresque des isles de Sicile,de Malte et de Lipari)

La neve,ingrediente allora fondamentale per la preparazione di sorbetti e granite,era inoltre un importante sorgente d'introito per Catania,che affittava le grotte e gli anfratti dell'Etna all'Ordine di
Malta,che li utilizzava come neviere,e dove la neve veniva conservata fino all'estate.
I tempi sono cambiati ed oggigiorno non abbiamo certo bisogno di procurarci della neve per preparare una buona granita.
Cio' nonostante agli occhi non italiani,la granita mantiene la sua aura di preparazione esotica ed inusuale,ed ho notato che Time Out ha inserito nei suoi "10 piatti migliori di Londra" la granita di tarocchi di Gelupo,la nota gelateria a Soho.
Premetto che non ho mai mangiato la blood orange granita da Gelupo,ma sono una cliente assidua della gelateria ed ho provato diverse specialita':il sorbetto al bergamotto,il gelato al bonet e quello con I pinoli ed i semi di finocchio,la granita alle mandorle tostate,e ,chiaramente,il famoso gelato al curry di pollo creato in occasione del Diamond Jubilee della regina.
Quest'ultimo sapeva decisamente di trucco per accapparrarsi un po' di preziosa pubblicita',cosi come il gelato fatto col latte umano a Covent Garden qualche anno fa (e messo fuori commercio nel giro di un paio di settimane....






Ma bando alla divagazioni.Aiutata dal fato,dato che ho trovato i veri tarocchi del Francofonte ,qui una
vera rarita',ho deciso di preparare la granita chez moi,ed il risultato e' stato piu' che soddisfacente.

GRANITA DI TAROCCHI
225 gr. di zucchero
500 gr. d'acqua
4 chiodi di garofano
il succo di 2 piccoli limoni
+ il succo di tarocchi fino a raggiungere 265 ml
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1:portare zucchero,acqua e chiodi di garofano ad ebollizione.Rimuovere dal fuoco e
lasciar raffreddare completamente.





2: aggiungere il succo di limone e di tarocchi,rimuovere i chiodi di garofano e mettere in freezer.





3:rimestare ogni ora fino a quando la granita si sara' solidificata completamente,formando i classici
cristalli di ghiaccio caratteristici di questa preparazione.

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L'ispirazione per la seconda granita viene dal libro Cuisine Gourmande di Michel Guerard,icona della cucina francese (3 stelle Michelin,lazzi,frizzi e paparazzi),anche se, alla fin fine, ho usato la ricetta del sorbetto al timo di Caroline Liddell e Robin Weir.
Per chi fosse interessato,Ices-The definitive guide di Liddell e Weir,e' stato stampato anche in italiano.
Purtroppo ho il sospetto che non sia cosi' per il libro di Guerard.Ammetto che la sua cucina possa essere un po' datata (Guerard e' considerato uno dei padri della nouvelle cuisine)ma Guerard e' un personaggio difficile da ignorare ed i suoi libri meritano certamente una lettura.

GRANITA DI CLARET E TIMO
500 ml di sciroppo di zucchero,preparato con quantita' uguali di acqua e zucchero
250 ml d'acqua
250 ml di Claret
10 gr di rametti di timo
2 o 3 cucchiai di succo di limone
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1: preparare lo sciroppo di zucchero portando acqua e zucchero ad ebollizione e rimuovere dal fornello
appena lo zucchero si sara' sciolto.

2: aggiungere l'acqua ed il timo allo sciroppo e portare lentamente ad ebollizione.Lasciar raffreddare per
un paio d'ore,quindi aggiungere il vino ed il succo di limone e passare al colino per rimuovere il timo.





3:mettere in freezer e seguire lo stesso procedimento usato per la granita di tarocchi.

NOTE. Questa e' la ricetta di un sorbetto,che ho trattato come fosse una granita.Secondo gli autori per una vera granita bisognerebbe aggiungere altri 560 ml d'acqua.Io volevo una granita piuttosto intense come colore e sapore e l'ho ottenuta.Semplice ma vincente l'idea di Guerard di servirla con una pesca,da lui stesso sciroppata.Fare lo sciroppo ed aggiungere poi altra acqua e' il metodo seguito dagli autori,penso che provero' a fare "all in one" in futuro,anche se cio' potrebbe alterare la texture del prodotto finale.

BUON APPETITO!

Sunday 28 April 2013

OFFELLE DI PARONA



Contrariamente alle voci messe in in giro dai miei vicini di casa,non mi trovo in Inghilterra per proclamare la superiorita' assoluta della cucina italiana.Ciononostante,quel minimo di "stiff upper lip" che sono riuscita ad acquisire con gli anni va a farsi benedire quando sento certe accuse rivolte alla cucina nostrana.Qui in Inghilterra,per ragioni alquanto misteriose,si pensa che la pasticceria italiana sia basilare e non particolarmente eclatante.Questi son commenti che ignoro nel caso vengano fatti da un diciassettene brufoloso nel bel mezzo della sua catering school (quei signorini che mandi in cella frigorifera a prendere le bietole e tornano con gli spinaci,per intenderci).Il problema e' che queste constatazioni vengono fatte spesso da personaggi di un certo "spessore" e ,generalmente,con un po' di conoscenza della cucina italiana.Prendi il caso del signor Matthew Fort:Fort e' uno scrittore/critico gastronomico molto amato e rispettato.Amo il suo stile,i suoi articoli son sempre interessanti e, particolare non irrilevante,ha girato in lungo ed in largo l'Italia in Vespa,alla scoperta della vera gastronomia italiana.Nella sua recensione di "Nigelissima" ,il piu' recente sforzo dell'eroina nazionale,Fort stronca il libro,pur ammettendo che il tomo ha i suoi meriti."La sezione dedicata ai dolci e' probabilmente la parte migliore del libro.Meno male,dato che la cucina italiana e' molto debole quando
si parla di dolci".
Sono io l'unica folle a pensare che il signor Fort abbia preso un granchio? Mi rifiuto di indicare l'ignoranza come causa di una simile affermazione,ed istintivamente penso che Fort,preso dalla pigrizia,abbia semplicemente seguito la convenzione.
Forse una sorta di "nostalgia dolciaria" mi fa sopravvalutare la nostra pasticceria? Penso a torte della nonna,capresi,veneziane,panforti e zuccotti,canestrelli,cantuccini,cassate e torte paradiso,pastiere,cannoli,sbrisolone,zuppe inglesi,bonet,torte di riso e di ricotta,zeppole e frappe e, francamente, "very weak" non e' la descrizione che userei....
Ed ora che mi son tolta questo bel peso dalla stomaco,procedo con una ricetta di un buon biscotto italiano,non conosciutissimo ma non per questo meno delizioso di altri biscotti piu' famosi.
La ricetta viene da un blog bellissimo che non ha certo bisogno di tante presentazioni,La vetrina del Nanni.
E' un blog imperdibile per chiunque abbia un interesse verso la pasticceria ed in cuor mio penso che anche il signor Fort dovrebbe cominciare a leggerlo.
Questi biscotti hanno una storia carina,facilmente rintracciabile nel web ma che vale la pena riportare qui.
Le offelle di Parona sono una specialita' lombarda nata nel fine Ottocento per mano di due sorelle,Elena e Pasqualina Colli.Tradizionalmente associate alla festa della Madonna del Rosario,le offelle vennero originariamente chiamate
linin dal vezzeggiativo del nome di una delle due sorelle,e venivano vendute a numero,anziche' a peso.
La ricetta era un segreto custodito gelosamente e le sorelle Colli rifiutarono,tra la sorpresa generale, di cedere la ricetta all'industriale Pietro Guglielmone,nonostante la generosa(per quei tempi)offerta di ventimila lire.
La produzione delle offelle soffri un certo declino,fino a quando,all'inizio degli anni 70,grazie alla Pro Loco di Parona vennero definitivamente rilanciate.Nonostante le offelle di Parona vengano prodotte industrialmente,dalle mie parti sono assolutamente introvabili.Ora posso farle e sbafarle a mio piacimento...
La ricetta e' quella di Nanni,tale e quale.

INGREDIENTI
200 gr di burro
200 gr di zucchero superfine
20 gr di olio d'oliva extra vergine
90 gr di uova intere
500 gr di farina
10 gr di lievito chimico
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1: montare il burro e lo zucchero,ed aggiungere gradualmente uova ed olio senza smettere di montare.

2: setacciare farina e lievito ed aggiungere alla montata di burro,uova ed olio,incorporando per bene
senza pero' lavorare eccessivamente l'impasto.

3: avvolgere l'impasto cosi ottenuto nella pellicola e lasciar riposare in frigorifero.Io l'ho
lasciato nel frigo per due ore ed ho trovato l'impasto assai facile da maneggiare.

4: stendere l'impasto col mattarello e con l'ausilio di un poco di farina (una leggera spolverata sul
piano di lavoro),fino allo spessore di 2,5 mm circa.Ritagliare una sagoma ellittica con le estremita'
appuntite usando della carta da forno ed usare la sagoma,ed un coltello affilato, per ritagliare i
biscotti.




5: adagiare le offelle su una teglia ricoperta di carta da forno e lasciar riposare in frigo per 10-15
minuti.Nel frattanto accendere il forno e portare a 160 gradi.




6: infornare le offelle e cuocere fino a quando saranno dorate,12 minuti circa.



NOTE. La mia sagoma di carta da forno era appena inferiore alle dimensioni suggerite da Nanni ed ho il
sospetto che, nonostante cio' che dichiari la manopola del mio forno, la temperatura fosse
leggermente piu' alta di 160 gradi, Cio' nonostante le offelle sono venute benissimo.Sono dei
biscotti sobri e delicati,assolutamente perfetti con il te'.
Nonostante questa sia la forma classica delle offelle di Parona,esiste una variazione di questi
biscotti,anch'essa della Lomellina, a forma di rana.Non mi dispiacerebbe mettere le grinfie sulla
ricetta,dato che,nascosto in qualche angolo della casa, ho uno stampino a forma di rana!

BUON APPETITO!